Menù della colazione: latte al cioccolato in brick e saccottini
stritolati dallo zaino (variante per i più golosi: merendina kinder ai 5
cereali). Non è una ricetta che troverete su Real Time, ma ci dà sufficiente
energia per rimetterci in cammino. Andrebbe precisato che Fillo non gradisce i
dolci e fa colazione con il tonno in scatola, ma questa è un’altra storia.
Il sentiero, in effetti, finisce quasi subito. La luce del
mattino ci svela che l’Osteria ha un rubinetto esterno e che lì accanto c’è addirittura
una fontanella pubblica. Felici come bambini davanti a un giocattolo nuovo, ne approfittiamo
per fare il pieno. Ma tutto ha una doppia faccia in questo cammino, e persino
l’aiuto dell’acqua può non essere così trasparente come sembra: mentre saliamo
sul monte Adone, ogni litro in più nei nostri zaini è una maledizione divina per
le nostre schiene e per le nostre zampe.
Fa molto, molto caldo, e la salita è lunga, ripida e non molto
ombreggiata. Ci tocca fermarci per diverse volte prima di arrivare sulla cima,
ma infine eccoci qui. Apriamo il contenitore metallico saldato alla croce per
firmare il quaderno di vetta. Facciamo una scoperta che ci lascia perplessi: a
quanto pare non siamo gli unici pazzi che stanno compiendo questo cammino in
agosto. Proprio stamattina, proprio qualche ora prima di noi, sono passate
altre persone tra cui si distingue con certezza il nome di una certa Katia.
Katia, sappi che in un modo o nell’altro riusciremo a raggiungerti!
L’obiettivo sarebbe pranzare a Monzuno, che il nostro libro
indica circa a metà della tappa, ma dopo diversi chilometri di sali e scendi
siamo ancora solo a Brento. Siamo stanchi e affamati e decidiamo di pranzare
lì. Riusciamo persino a utilizzare un vero bagno, cosa che ci riempie di gioia.
Il pomeriggio è un lento, sfibrante, drammatico trascinarsi
verso Monzuno, attraverso pochi sentieri e molti, troppi, infiniti chilometri
di asfalto incandescente. Dopo una curva, c’è sempre un’altra curva, e Monzuno
non si vede mai. Mai.
Quando finalmente raggiungiamo le prime case, le mie gambe non ascoltano più il cervello già da ore ed è ormai pomeriggio inoltrato. Per la prima volta prendo in considerazione l’ipotesi di concludere qui la tappa. Troviamo un bar, facciamo fuori in un sorso tre estathe e chiediamo alla signora dietro il bancone di riempirci qualche bottiglia con l’acqua del rubinetto. Al contrario del barista del giorno prima, accetta molto volentieri e infila anche diversi cubetti di ghiaccio. Una benedizione. Il sole inizia a tramontare, non fa più così caldo. Un po’ di forze sono state ripristinate e siamo a metà tappa. Decidiamo di proseguire: se non arriviamo a Madonna dei Fornelli, dobbiamo almeno tentare di raggiungere Le Croci.
Quando finalmente raggiungiamo le prime case, le mie gambe non ascoltano più il cervello già da ore ed è ormai pomeriggio inoltrato. Per la prima volta prendo in considerazione l’ipotesi di concludere qui la tappa. Troviamo un bar, facciamo fuori in un sorso tre estathe e chiediamo alla signora dietro il bancone di riempirci qualche bottiglia con l’acqua del rubinetto. Al contrario del barista del giorno prima, accetta molto volentieri e infila anche diversi cubetti di ghiaccio. Una benedizione. Il sole inizia a tramontare, non fa più così caldo. Un po’ di forze sono state ripristinate e siamo a metà tappa. Decidiamo di proseguire: se non arriviamo a Madonna dei Fornelli, dobbiamo almeno tentare di raggiungere Le Croci.
Iniziamo a risalire il monte. Il tramonto colora i campi e
crea un’atmosfera che sarebbe splendida, se non fossimo troppo stanchi e
preoccupati per osservarla. Ora è Izzo ad avere un momento di sconforto ma, salendo,
individuiamo in lontananza quello che ci sembra un ripetitore sulla cima di un monte.
Quello, secondo il libro, dovrebbe essere il punto da cui inizia una lenta
discesa verso le Croci. Ci facciamo forza e proseguiamo.
Ben presto scopriamo con orrore che il ripetitore indicato
da Wu Ming 2 si trova molto più in là. Non resta che camminare e camminare.
Attraversiamo uno splendido castagneto proprio mentre il sole scompare dietro i
profili delle montagne e finalmente raggiungiamo il maledetto ripetitore. Da
qui, un’ampia strada sassosa dovrebbe portare – non riusciamo più a calcolare in
quanto tempo - verso le Croci.
È quasi buio quando un’utilitaria sale dalla stradina. Io e
Piccio la fermiamo per chiedere indicazioni. A bordo, un ragazzo e una ragazza
che forse stavano cercando un posto romantico e isolato dove NON incontrare
scocciatori come noi.
“Quanto manca alle Croci?” chiedo. “C’è un agriturismo?
Qualcosa?” chiedo. “Siamo distrutti” dico, anche se non penso ci fosse bisogno
di un sottotitolo per capirlo.
La ragazza sorride e ci dice che Le Croci è proprio qui, a meno di cinquecento metri, che purtroppo l’agriturismo è chiuso, ma che sua nonna, che abita proprio lì, ci avrebbe senza problemi lasciato accampare. “Ditele che vi manda Giulia” aggiunge mentre se ne vanno.
La ragazza sorride e ci dice che Le Croci è proprio qui, a meno di cinquecento metri, che purtroppo l’agriturismo è chiuso, ma che sua nonna, che abita proprio lì, ci avrebbe senza problemi lasciato accampare. “Ditele che vi manda Giulia” aggiunge mentre se ne vanno.
Non facciamo in tempo ad arrivare, che sua nonna è già
uscita di casa e ci viene incontro (evidentemente Giulia ha fatto ancora di
più: l’ha avvertita per telefono. Grazie infinite, Giulia!). “Ragazzi”, ci dice
la signora “sedetevi qui fuori che vi porto da bere, poi vi dico dove vi potete
accampare per stare tranquilli”. A noi sembra già un miracolo così, ma non è
finita.
La signora insiste per metterci a sedere su un tavolo nel
suo giardino. Materializza bottiglie di acqua e di birra fresche e senza
aggiungere molto, ci porta gli avanzi di una grigliata di carne: costine,
spiedini, salsiccia. Persino filetto di cervo. Insistiamo per pagare, ma lei
non solo rifiuta: rincara la dose con fette di melone.
Infine ci accompagna su un prato poco distante, dove vedo la mia prima stella
cadente del Viaggio. Ci prepariamo in fretta per dormire e continuiamo a ringraziare
Giulia e sua nonna anche nel silenzio dei nostri sacchi a pelo.
Non mi stupirei se domattina scoprissi che né Giulia, né sua nonna esistono per davvero, ma che in realtà siamo stati soccorsi dagli Spiriti del Viaggio e del Cammino.
Non mi stupirei se domattina scoprissi che né Giulia, né sua nonna esistono per davvero, ma che in realtà siamo stati soccorsi dagli Spiriti del Viaggio e del Cammino.