Mi sveglio prima dell’alba, con lo stomaco e l’esofago che
navigano nell’acido. Mi vuoto giù per la gola un litro di acqua, ma non serve a
molto. Sapevo che la salsiccia e l’alcol della cena avrebbero lasciato il segno.
Mi alzo e constato che, perlomeno, camminare diverse ore in meno del solito e
dormire su un materasso hanno fatto bene a schiena e gambe. Inizio a sistemare lo zaino mentre si svegliano tutti. Facciamo
colazione e nel frattempo apre anche la Jolanda. “Di che stanza sono?” mi
chiede il proprietario mentre gli riconsegno le chiavi della Roulotte-Rulot.
“Siamo i ragazzi di ieri, quelli del Cammino, quelli della Roulotte” cerco di
spiegare. In risposta ottengo un mezzo sorriso con molti sottintesi:
evidentemente la grappa e la serata di ieri non hanno avuto conseguenze solo su
di me.


Per l’una siamo a Sant’Agata e quasi non riusciamo a crederci. Bellissima - immagino che le guide la definirebbero "caratteristica" - con le sue casette in sasso, la Pieve, i vialetti fioriti; ma probabilmente progettata da una lucertola o da un urbanista rettiliano a sangue freddo: in tutto il paese non esiste un centimetro quadrato di ombra. Immagino che sia un problema anche per gli abitanti del luogo, tant'è che solo un colpo di sole può spiegarmi come a un passante, vedendoci, sia venuto in mente di chiedere a Izzo se desiderasse un vinile di Elvis. Eppure lo ha fatto. Sul serio. Un vinile. Di Elvis. Del resto, tra le migliaia di leggende che si raccontano su di lui, mi pare ci sia anche chi sostiene che Elvis Presley fosse un rettiliano. Il cerchio si chiuderebbe.
In una piazza riusciamo a individuare 4 panchine vagamente riparate. Su una di esse, una coppia di professionisti del trekking: abbigliamento tecnico, bastoncini e gambe magre e nervose. Scambiamo un paio di chiacchiere di cortesia: anche loro stanno percorrendo al Via degli Dei, ma sono partiti da Sasso Marconi. Poco dopo se ne vanno, lasciandoci il lusso di una panchina a testa su cui pranzare e appisolarci un poco, con il cappello calato sugli occhi.
In una piazza riusciamo a individuare 4 panchine vagamente riparate. Su una di esse, una coppia di professionisti del trekking: abbigliamento tecnico, bastoncini e gambe magre e nervose. Scambiamo un paio di chiacchiere di cortesia: anche loro stanno percorrendo al Via degli Dei, ma sono partiti da Sasso Marconi. Poco dopo se ne vanno, lasciandoci il lusso di una panchina a testa su cui pranzare e appisolarci un poco, con il cappello calato sugli occhi.


Viene facile il parallelismo con il "Che vita schifosa" del vecchio Fillo.
Rispetto ai paesini incontrati sinora, San Piero a Sieve ci sembra una metropoli, con addirittura un locale dove fare l’aperitivo. Prima di risalire sino al Castello di Trebbio (ci aspetta una salita che non perdona) ci concediamo una birra. Poco dopo appaiono anche i nostri amici. Questa volta risaliamo insieme, è inevitabile. Ci raccontano di aver incrociato la stessa coppia che avevamo visto a Sant’Agata e mentre proviamo a rimettere insieme i pezzi, una certezza comincia a insinuarsi nelle nostre menti: quella sulla panchina era Katia! Ma è ovvio! Come abbiamo fatto a non pensarci? Katia, oggi ti ho persino parlato ma non avevo capito fossi tu. Oramai ti abbiamo raggiunta!
Maledico più volte i tre chili di tenda che mi sto portando dietro, che non ho ancora usato e che, visto il tempo, di certo non userò nemmeno questa sera. Arrivati in cima Fillo individua un prato che fa al caso nostro, proprio vicino a una vecchia fontana con una grande vasca.
Ceniamo (Tonno + Mais + Salamino per me. Cosa te ne pare Gordon Ramsay?), riusciamo più o meno a lavarci e a rattoppare i piedi con i cerotti anti-vesciche. Ci sdraiamo a muso in su sotto un cielo che sembra incredibilmente vicino.
Siamo ai piedi di un castello che domina tutta la valle, la luna rischiara i profili soffici dei colli toscani punteggiati qui e là da poche, rade luci che non inquinano la notte. Vediamo un mucchio di stelle cadenti e mentre ognuno di noi desidera in silenzio, dal sacco a pelo di Fillo sentiamo pronunciare: “Desidero di essere un Faraone! Così domani mi sveglio e tutti mi portano lo zaino, il sacco a pelo e tutto quanto!” Nel frattempo ho trovato finalmente una funzione alla tenda: è un ottimo cuscino, né troppo duro né troppo morbido. Peccato solo per il peso.